La storia della matematica > Dall’estasi indù alle spade di Allah

Dall’estasi indù alle spade di Allah

Mentre i Greci portavano ai più alti livelli le conoscenze dell’intelligenza umana, Roma si era notevolmente sviluppata in campo politico e militare con fiorenti colonie (Magna Grecia, Sicilia, Cartagine, Atene), pur mancando di individui capaci di dedicarsi alla speculazione pura: i Romani, infatti, limitarono al piano pratico il loro interesse per la matematica.
C’è comunque da notare il loro modo singolare di calcolare le frazioni, l'invenzione di speciali abbachi non dissimili da quelli orientali e l'uso di due rette prependicolari per indicare i punti cardinali che, probabilmente, rappresentavano un rudimentale embrione di quello che poi diventerà il sistema delle coordinate cartesiane.


Le leggi matematiche furono sfruttate anche per aumentare la potenza delle macchine belliche come questo lanciagiavellotto.

Benché i Romani fossero al corrente delle fondamentali conoscenze greche e siano riusciti a sfruttare le leggi matematiche e delle proporzioni geometriche in modo eccellente (come dimostra nella foto sottostante il bellissimo ponte romano di Tiberio, a Rimini), il loro contributo alle conquiste matematiche fu praticamente nullo.


In un’altra zona della Terra, in India, fioriva invece un insieme di ricerche matematiche decisive per il nostro progresso.
Gli Indiani inventarono lo zero e il nostro sistema di numerazione (a tal proposito vedi la divisione per zero) e, forse per effetto dei contatti mercantili, conoscevano il Teorema di Pitagora e non poche altre acquisizioni della scienza greca. Mille anni di cultura matematica indiana ci sono pervenuti attraverso un libro, detto “Lilavati”, nel quale si trova il resoconto dello sviluppo dei sistemi di numerazione e di calcolo escogitati nella terra del Gange (da notare che lo stesso Buddha veniva considerato anche un grande matematico). Gli Indiani inventarono anche i numeri negativi, svilupparono il calcolo dei radicali e inventarono una praticissima regola di moltiplicazione per eseguire le operazioni con estrema sicurezza e rapidità.
Una delle grandi glorie della civiltà greca era stata la geometria; le operazioni sui numeri, i numeri stessi e infine l’algebra ebbero la loro culla nell’antica civiltà indù, per poi trasferirsi e svilupparsi nel mondo arabo.

Uno dei più preziosi codici della civiltà indù arrivati fino a noi
è sicuramente questo manoscritto su fogli di palma intitolato “Lilavati”,
opera del famoso studioso Bhaskara.




Grazie ai traduttori arabi arrivò in Europa anche il famoso trattato di astronomia, matematica e geografia di cui in alto vediamo una pagina: è l'Almagesto

Dopo la morte di Maometto (632 d.C.), i Musulmani dilagarono in Asia e in Europa: fu così, per propaganda religiosa e motivi di conquista, che gli Arabi entrarono in diretto contatto con la cultura indù e con quella greco-occidentale. Nel VI sec. d.C., la rivoluzione cristiana portò in Europa anche la distruzione dei templi pagani e del patrimonio culturale in essi custodito: si deve proprio agli Arabi se, nel campo scientifico e matematico, una parte di quella ricchezza ha potuto dare i suoi frutti e tornare, con le traduzioni dall’arabo al latino, nuovamente patrimonio della cultura europea.
Comunque qualcosa dell’antica civiltà classica continuava a vivere nell’impero romano d’Oriente, pur scontrandosi, spesso in modo tragico, con il fanatismo cristiano. A tal proposito, per secoli l’appellativo di “matematico” ebbe un senso dispregiativo per designare tutta una classe di maghi e indovini fatta oggetto di continue persecuzioni.

Perché la scienza dei numeri trovi il giusto apprezzamento anche presso i cristiani, bisogna aspettare l’inizio del secondo millennio; in questo nuovo periodo, i mercanti italiani, nei loro contatti con il mondo orientale, avevano assimilato il vero senso pratico del sistema dei conteggi, sia come modo di scrivere i numeri tenendo conto della posizione delle nove cifre significative (e introducendo lo zero), sia come metodo per eseguire i calcoli sulle cifre scritte e non sull’abbaco.
Risale a questo periodo l’invenzione della prima serie periodica.

Trascorsi i “secoli bui” dell’Alto Medioevo, che rappresentano il periodo più oscuro della matematica, bisogna giungere al XVI sec. per ritrovare qualcosa di simile agli splendori dell’intelligenza matematica di Atene e di Alessandria.